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                                                                   “Oggi la razza ha già sostituito la classe.

                                                                   Un mondo ha già sostituito un altro mondo”

                                                                                         

Quando, all’epoca di Tiberio, un marinaio annunciò che il Gran Pan era morto (la notizia la dobbiamo a Plutarco), un grido di dolore attraversò tutta la terra, perché si comprese che con quella morte un mondo intero era morto. Quando, circa duemila anni dopo, Nietzsche annunciò che Dio era morto e che da quel momento avremmo sperimentato il nichilismo in tutta la sua terribile evidenza, non si levò alcun grido, ma solo indignazione e scetticismo. Oggi, oltre un secolo dopo, tutti sappiamo che aveva ragione lui. Con la morte di (quel) Dio un mondo intero muore, ed è esattamente il mondo che duemila anni fa aveva sostituito quello del gran Pan.

Ma dalle macerie della contemporaneità, possiamo già cogliere anche l’elemento unico in grado di condurci oltre il nichilismo della “morte di Dio”: verso un mondo di contenuti totalmente opposti a quelli morti.

L’epigrafe posta qui sopra ci dà con grande chiarezza il nome stesso di questo soggetto: la Razza.

E’ un soggetto che ormai tutti cogliamo quotidianamente e con facilità, nello spazio che ci circonda, mentre lo sentiamo crescere, in un modo o nell’altro, anche dentro di noi. Ogni dibattito politico, sociale, pubblico o privato che sia, non è più in grado di prescindere dalla sua presenza. Ma questo è il punto: più se ne parla e meno si sa. L’ignoranza radicale intorno a questo soggetto: a questo destino inevitabile del futuro divenire storico, è il dato certamente più pericoloso e gravido di conseguenze, perché rischia di creare quelle condizioni apocalittiche profetizzate proprio dai suoi negatori. Insomma c’è il rischio serio che la “pars destruens” del fenomeno possa soppiantare, per molto tempo, la “pars construens”; da qui la necessità, come sempre, della conoscenza, e la necessaria rimozione, come sempre, dell’ignoranza, della stupidità e della spaventosa malafede con cui il tema viene ancora trattato dai cosiddetti “esperti”.

Come si può vedere in giro, molti libri sono apparsi sui banchi delle librerie, e altri seguiranno, e questo dimostra la sua massiccia presenza, ma nessuno di essi possiede, né possiederà in futuro, la minima conoscenza del soggetto che pur stanno trattando, riducendosi a puri e semplici strumenti di demonizzazione, cioè di perpetuatori dell’ignoranza.

Qui infatti avviene un fatto singolare. Questi “antirazzisti”, privi totalmente di ogni preparazione, rispondendo solo a vaghe suggestioni, sempre negative, si sono letteralmente inventati un tipo di “razzismo” assoluto, tutto loro, poi, prendendolo come l’unico esistente, si sono messi con grande impegno a considerarne i punti, e infine lo “confutano” ricorrendo a tutto l’apparato “scientifico” in chiave antirazzista. Un vero onanismo intellettuale.

 Ma la Razza è un dato dell’Anima, e non ha niente a che fare con la scienza.

La scienza della Razza è psicologia  (e qui, tra le altre cose, vi è a disposizione dei lettori, una conferenza di Clauss dal titolo “La razza è forma”, insieme al suo testo più rilevante: “Razza e Anima”). E’ del tutto inutile quindi rifarsi al DNA, al “fenotipo” o ai “geni” per dimostrare “l’inconfutabile uguaglianza del genere umano”; è evidente che lì, chi cerca, troverà sempre “uguaglianza”, essendo il luogo esatto dove scompare ogni qualità, che è sempre differenziatrice.

Sono solo strumenti, e come tali vanno considerati. Servono come la penna l’inchiostro e la carta servirono a Dante per scrivere la Divina Commedia. Certo, senza di loro essa sarebbe rimasta un patrimonio tutto suo, ma nessuno credo potrà mai considerare questi strumenti come essenziali per il valore dell’opera. La loro importanza (niente è inutile) sta nel fatto che possono aiutarci nello conoscenza degli spostamenti dei vari popoli antichi, visto che la loro mancanza portò gli studiosi del passato a congetture continue, sempre variabili. Ma niente, o non molto più di questo!

Un'altra vera e propria scemenza da rimuovere, oggi molto di moda, sarebbe “la paura del diverso”. La razziologìa, e il razzismo che ne segue, non si fonda sulla paura di nessuno, ma solo sulla conoscenza della molteplicità come tale, vista evidentemente come il supremo valore da preservare.  Essa è lo studio dei limiti di ogni razza, nella misura in cui questi limiti coincidono con una forma specifica e determinata, uscendo dalla quale (col meticciato) il “deforme” è sempre la conclusione altrettanto inevitabile!

Ma noi, in questo sito, non seguiremo quei tali nei loro vaniloqui, essendoci proposti il compito della conoscenza e non della sterile polemica, per cui, ignorandoli totalmente abbiamo ritenuto doveroso porre all’attenzione di persone intelligenti e sensibile, a parte de Gobineau e qualche autore dei nostri giorni, la traduzione di alcuni tra i più rilevanti contributi di studiosi veri e seri di razziologia degli anni 20-30 del secolo scorso, come H.F.K. Guenther e il già citato L.F. Clauss. E ognuno, dopo averli letti e ponderati, vedrà facilmente che la serietà e la profondità di questi studi, nascosti per tanti anni, sono più che sufficienti per demolire la desolante pochezza degli odierni “negazionisti”.


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